Corruzione in sanità, 107.000 le famiglie vittime nell’ultimo anno
A sentire snocciolare i dati e le forme di corruzione nella sanità, dalle “spinte” per avanzare nelle liste d’attesa agli accordi e regalie per prescrivere un determinato farmaco fino alle segnalazioni alle pompe funebri dalla sala mortuaria dell’ospedale, sembrava essere sbarcati su una recente puntata di Gomorra, la serie tv più seguita sulla criminalità diffusa nel napoletano e non solo, tratta dal libro di Roberto Saviano. E così nei giorni dello sciopero nazionale dei medici, vuoi per caso, per coincidenza o per volere divino, anche la corruzione in sanità, le liste d’attesa e le piccole/grandi malversazioni di camici bianchi, amministratori e aziende sono venute in primo piano.
IL PROGETTO. “Curiamo la corruzione” è il progetto triennale coordinato da Transparency International Italia, in partnership con Censis, le non profit ISPE Sanità e Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e Criminalità (RiSSC), che ha portato alla creazione di un Tavolo Pubblico-Privato. Un lavoro di monitoraggio del fenomeno, sondaggi, progetti pilota nelle Asl e formazione specifica di oltre 800mila operatori, fino all’iniziativa delle Giornate anticorruzione e alla redazione di una Dichiarazione di indirizzi che stanno sottoscrivendo soggetti pubblici e privati (ieri anche Assobiomedica, la federazione di Confindustria che rappresenta le imprese del settore dei dispositivi medici, insieme ad Asl, Altroconsumo e l’Ismett di Palermo) e alla redazione di un corposo Policy paper con indicazioni operative anti-corruzione.
Il REPORT 2017. Se una azienda sanitaria su 4 ha registrato episodi di corruzione, se il 51,7% delle Asl non ha ancora “piani (previsti dalla legge) anticorruzione adeguati”, se il 6% delle spese correnti dei 107 miliardi di euro del Fondo sanitario sono in balia di tangenti e sprechi, se “nel solo ultimo anno le famiglie vittime di corruzione in sanità sono state 107.000” (secondo un’indagine Istat), il fenomeno non è affatto sotto controllo. In tutto 2,8 milioni di cittadini italiani dichiarano di conoscere personalmente qualcuno a cui sono stati chiesti denaro o regalie in cambio di un favore all’interno del sistema sanitario, si è detto all’incontro.
LA LEGGE. Nel 69% dei casi a effettuare la richiesta è stato lo stesso medico, nel 10,9% un infermiere e nel 19,6% altro personale sanitario. “Si tratta di episodi che in genere avvengono sul luogo di lavoro, di fronte a colleghi che assistono senza avere la forza di intervenire – segnalano i curatori – . Sarebbero quasi 2 milioni le persone a cui è capitato di assistere a scambi illeciti sul luogo di lavoro, ma solo l’11,8% lo ha segnalato a un superiore e l’1,9% al responsabile anticorruzione, nominato in tutte le amministrazioni pubbliche in base alla Legge 190 del 2012”. Certo da poco, il 15 novembre, è stata approvata la legge sulla denuncia spontanea di comportamenti illeciti (il cosiddetto whistleblowing), ma molta strada si deve ancora fare è stato detto nell’incontro che si è svolto a Roma. Il rischio di inefficienze e sprechi nelle Asl è più alto per l’acquisto di servizi sanitari e negli ospedali per l’acquisto di beni. Che la corruzione sia un problema che non è ancora stato risolto, lo testimonia anche il monitoraggio effettuato da Transparency International, da cui risulta che nel 2017 sono comparse sui media nazionali 97 notizie su casi di corruzione in sanità.
I SETTORI A RISCHIO. Comunque i settori ritenuti maggiormente a rischio dagli intervistati sono quello degli acquisti e delle forniture; le liste d’attesa e le assunzioni del personale. Sempre il Report 2017: “I rischi di corruzione più frequenti sono: 1) violazione delle liste d’attesa (45%); 2) segnalazione dei decessi alle imprese funebri private (44%); 3) favoritismi ai pazienti provenienti dalla libera professione (41%); 4) prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni (38%); 5) falsificazione delle condizioni del paziente per aggirare il sistema delle liste d’attesa (37%)”. E ancora: “I rischi di corruzione più elevati sono: 1) sperimentazione clinica condizionata dagli sponsor (12,9/25); 2) prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni (12,3/25); 3) violazione dei regolamenti di polizia mortuaria (11,7/25); 4) favoritismi ai pazienti provenienti dalla libera professione (11,4/25); 5) segnalazione dei decessi alle imprese funebri private (11,2/25)”.
LISTE D’ATTESA E FAVORI. Mentre sempre a Roma, il Tribunale per i Diritti del Malato forniva i dati delle denunce dei cittadini sulle liste d’attesa (XX Rapporto PIT Salute), qui si parlava di mazzette ai medici: “Il sistema di gestione delle liste di attesa e la procedura di identificazione dei livelli di priorità delle prestazioni sanitarie possono rappresentare un’area di rischio di comportamenti opportunistici che possono favorire posizioni di privilegio e/o di profitti indebiti, a svantaggio dei cittadini e con ripercussioni anche dal punto di vista economico e della percezione della qualità del servizio”.
DONATORI E CONDANNATI. Significativo che tutto il progetto anticorruzione sia finanziato dalla Siemens Integrity Iniziative con un forte investimento dal 2009 all’indomani (nel 2008) della maxi sanzione, 800 milioni di dollari, patteggiata dall’azienda tedesca negli Usa per tangenti (ma in Grecia sembra essersi ripetuta una vasta corruttela per cui è in corso un maxi-processo). Questo a riprova che le cose nel mondo, buone e cattive, tutto l’intreccio privato-pubblico non è un semplice rapporto di causa-effetto, come alcuni “novelli” politici sembrano vedere la realtà, ma un insieme più complesso, dove non c’è un automatico tornaconto. E ciò riguarda sia i fondi per progetti o convegni ( come quello di cui si parla), sia i soldi alle associazioni pazienti, alle Fondazioni internazionali o le donazioni a ospedali o ai Paesi più poveri, oppure la stessa formazione dei medici.
CHE FARE? Secondo il Report “sono proprio la formazione e la sensibilizzazione del personale ad essere ritenute, anche quest’anno, le misure più efficaci per contrastare la corruzione: lo segnala il 51,9% degli intervistati; ritenendole più importanti rispetto ai controlli sulle spese (indicati dal 45%), ed a controlli più incisivi sulle procedure d’appalto (37,4%)”. Come ha in finale ricordato Paolo Bertaccini, di Transapency International Italia , “la differenza la fanno le persone: per questo tra le raccomandazioni che facciamo c’è l’attenzione a persone solide e robuste, di qualità nella gestione dell’anticorruzione e della sanità in generale”. Il dibattito tra i pochi politici che ne è seguito (Fabiola Antinori di Alternativa Popolare, Giulia Grillo del Movimento 5 Stelle e Paola Binetti dell’Unione di Centro) non ha portato particolari luci sul futuro, sviato anche dalle domande iniziali sulla privatizzazione della sanità. Ma dicono che la speranza sia l’ultima a morire.